Oggi volevo raccontarvi la nostra esperienza di bilinguismo o meglio la storia del bilinguismo di PF, perchè penso possa essere utile a chi come noi si è o ha deciso di trasfersi all’estero con bambini già grandicelli (PF aveva 5 anni).
La mia intenzione oggi è quella di mostrare il nostro percorso linguistico, dai primi approcci di PF con una nuova lingua fino ad ora Perchè ve ne voglio parlare? Perchè l’apprendimento della lingua era la mia preoccupazione maggiore (riuscirà ad integrarsi? riuscirà a imparare la lingua abbastanza bene? Quanto tempo ci vorra?) quando ci siamo trasferiti e vorrei rassicurare chi, come me, si trova ora in questa situazione.
Si sa che ogni esperienza è a sè ed ogni situazione è particolare, la nostra 2 anni fa era esattamente questa: PF parlava solo italiano e conosceva pochissime parole in inglese (imparate alla scuola materna); io parlavo un inglese semi-comprensibile ed un francese stentato; papà Ema sfoggiava un ottimo inglese e un buono spagnolo. Ci siamo imbarcati in questa avventura che nessuno di noi parlava, capiva o leggeva in tedesco.
Dopo lunghe riflessioni e molti colloqui, abbiamo deciso di iscrivere PF alla scuola svizzera con insegnamento in tedesco e svizzerotedesco. Le motivazioni di questa scelta sono tante; tra le tante il fatto che ritenevamo importante per lui che facesse subito una full immersion nella lingua, consapevoli che per imparare una nuova lingua bisogna essere motivati ad usarla. E cosa c’è di piu’ motivante che parlare con altri bambini per poter giocare?
Le maestre svizzere che abbiamo incontrato (che comunque conoscevano sia l’italiano che l’inglese che il francese e questo ha aiutato molto noi adulti) sono state piu’ che stupende, sono state eccezionali. PF non ha mai avuto paura di andare a scuola anche se non capiva nulla e nel suo cammino ha trovato amici che, malgrado le difficoltà linguistiche, lo hanno aiutato. E’ stato tutto rosa e fiori? Naturalmente no!
Ci sono vari modi in cui un bambino già grandicello puo’ affrontare una nuova lingua: si butta subito a ripetere i suoni anche se non li capisce o tace in attesa di immagazzinarne abbastanza per dire qualcosa. PF ha scelto questa seconda strada, cosi’ ci siamo ritrovati dopo 5 mesi con un bimbo che partecipava in classe come poteva, ma non parlava un granchè. Mentre io mi preoccupavo, le maestre mi tranquillizzavano e piu’ mi tranquillizzavano, piu’ io mi preoccupavo!
Dopo 7 mesi PF capiva (a detta di tutti), ma parlava sempre poco. Arrivata pero’ la primavera le cose hanno incominciato a cambiare: PF interagiva! Al corso di tennis, alla settimana di circo, alla recita della scuola PF parlava, a modo suo, ma parlava. Coniugava i verbi un po’ a casaccio (usava la stessa regola per tutti i verbi che incontrava) e faceva costruzioni un po’ azzardate, ma comunicava.
Le vacanze estive, a 11 mesi esatti dal nostro arrivo in Svizzera, sono state il vero giro di boa! Tornato dal mare di Sardegna, con una full immersion di 3 settimane in italiano, PF si è sbloccato: parlava con tutti in tedesco e gli piaceva pure! Le occasioni per farlo d’altra parte ne aveva quante ne voleva: a scuola, al corso di tennis, con i suoi amichetti svizzeri, al corso di circo, in piscina…
Ora sono passati esattamente due anni e PF a che punto è? Direi ottimo! Passa senza problemi dallo svizzerotedesco al tedesco all’italiano, legge in tedesco e in italiano.
E’ bilingue? No! Non ancora! Per quello ci vorrà ancora del tempo. Il suo vocabolario nella lingua tedesca non è pari a quello in italiano: mentre in italiano ha un bagaglio di vocaboli ampio che spazia in tutti gli ambiti, in tedesco è decisamente piu’ settoriale. Fa inoltre ancora errori grammaticali, ma ci stiamo lavorando! Ecco perchè il nostro bilinguismo è ancora “on the road”!
Dal punto di vista dell’italiano lavoriamo giornalmente per tenerlo vivo e migliorarlo, anche se a volte PF se ne esce con frasi prese a prestito dal tedesco come “ora vado fino alla rossa casa” o “a me piacciono i maiali selvaggi (i cinghiali) “.
La cosa che piu’ impressiona me e Papà Ema non è solo il fatto che PF abbia imparato una lingua che noi facciamo ancora molta fatica a capire e a parlare, ma il fatto che trovi piu’ comodo e rilassante parlare questa “nuova” lingua anche con chi conosce l’italiano: questo per esempio capita con i bimbi del suo corso di italiano.
Molti mi chiedono se è stato semplice per lui e per noi affrontare questa situazione. Rispondo con tutta onestà NI! Ci sono stati momenti di sconforto e di forte preoccupazione, come quando non voleva spiccicare parola o ci diceva che preferiva parlare italiano. Abbiamo avuto anche molti dubbi, paure e preplessità alcune delle quali ci accompagnano ancora oggi. Ci sono stati pero’ anche momenti di grande soddisafazione come quando per la recita scolastica dell’anno scorso PF è stato scelto per la parte principale! Insomma bisogna rendersi conto che è una strada in salita e che per affrontare le strade in salita bisogna armarsi di pazienza, coraggio, tenacia e un po’ di allegria.
Non ho consigli da dare per chi inizia oggi questo cammino, posso solo dirvi cosa è servito maggiormente a PF per l’apprendimento del tedesco:
- avere molte occasioni di poterlo sentire e poterlo parlare “dal vivo”. Non solo quindi a scuola, ma anche nelle diverse attività extra-scolastiche, a teatro (ci sono molte rappresentazioni per bambini), durante le letture animate in biblioteca, durante i vari laboratori a tema che vengono organizzati dai vari paesi…
- ascoltare canzoni e guardare i cartoni animati in questa lingua. Noi teniamo spesso in sottofondo (anche in macchina) le canzoncine per bambini o i racconti/fiabe in tedesco. I cartoni animati si possono guardare (salvo eccezioni)solo in questa lingua.
- frequentare la biblioteca locale. Fin dal nostro arrivo qui, noi visitiamo regolarmente la biblioteca e se inizialmente le nostre letture erano limitate, ora ci divertiamo a spaziare tra i vari generi e vari gradi di difficoltà
- apprezzare e voler imparare questa lingua. Fin da subito sia io che Papà Ema ci siamo butatti nello studio del tedesco e questo ha motivato molto anche PF. Non abbiamo perso occasione per far capire a PF quanto apprezziamo la possibilità di imparare una nuova lingua e per elogiare i nostri progressi.
- avere amici non solo italiani. Per noi adulti è piu’ facile fare amicizia con chi parla la nostra lingua e chi sentiamo culturalmente vicino, ma questo limita la possibilità di integrazione e di interazione nonchè l’occasione di arricchirsi reciprocamente. Abbiamo quindi scelto di “aprirci al mondo” e, anche se spesso non è facile, di mantenere viva una rete di relazioni ampia. La lingua “franca” per gli adulti è naturalmente l’inglese, ma per i bambini è il tedesco e questo ha aiutato molto PF anche a sbloccarsi e a migliorarlo.
- giocare in tedesco. A scuola PF ha imparato molti giochi da fare in gruppo per imparare i numeri, le addizioni, nuove parole… Noi li abbiamo sempre ripetuti a casa e questo ha aiutato noi e lui ad apprendere nuovi vocaboli e migliorare le nostre conoscenze.
Cosa invece PF non sopporta proprio della nuova lingua:
- che io e Papà Ema gli leggiamo in tedesco: lo infastidisce molto il nostro accento e solo in rari casi accetta senza brontolare la cosa
- quando io e Papà Ema analizziamo grammaticalmente una frase in tedesco: lo irritano i nostri discorsi probabilmente perchè per lui risulta naturale formulare una frase e non vede la necessità di “ricamarci sopra” tante parole
- Quando a casa, nei discorsi tra noi, parliamo in tedesco sia perchè io e Papà Ema facciamo errori sia perchè PF trova poco naturale usare questa lingua in famiglia
- quando io e papà Ema (piu’ io in vero) mischiamo piu’ lingue insieme. Non avendo un vocabolario ricco in tedesco, a volte tendo a prendere a prestito dall’inglese alcuni vocaboli. PF tollera poco questa cosa e se ne esce con frasi del tipo “non si capisce nulla di quel che dici!”
- Altra frase ricorrente di PF è “Mamma, dillo in tedesco!” che nasconde una sua profonda irritazione al fatto che a volte mi sforzo poco. Confesso che spesso sono pigra: anche se saprei benissimo esprimermi in tedesco, mi viene piu’ facile ed immediato farlo in inglese. PF non manca di sottolinearlo con moooolta irritazione, purtroppo!
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9 commenti
ciao! Mi è piaciuto molto leggere la vostra esperienza di bilinguismo. Io mi trovo a vivere la stessa situazione come insegnante di italiano a bambini stranieri che vengono in Italia. Ne ho parlato un po’ qui http://mammaorsacuriosona.blogspot.it/2013/11/italiano-l2-considerazioni.html.
ciao!
Ciao Stefania.
Mi ritrovo nel tuo post! PF è partito dall’Italia con alle spalle 2 anni di scuola materna e 1 e mezzo di asilo, con le sue giornate programmate tra amici, nonni, zii e tata e si è ritrovato in una nuova realtà da solo e senza sapere nemmeno una parola. Molto hanno fatto in quei primi momenti le maestre e le prime amicizie fatte sul posto. Devo tanto a loro ed è per questo che cerco sempre di aiutare chi si è trasferito da poco.
Altra cosa da tenere sempre presente sono quelli che io chiamo i “codici sottointesi”: molte cose che noi diamo per scontate non lo sono e viceversa. Per esempio qui si usa che i bimbi diano la mano agli adulti sia quando ci si incontra che quando ci si saluta, per PF è stato una sorpresa scoprirlo e all’inizio non capiva perchè doveva farlo. Altra cosa è il fatto di non chiamare per nome i maestri (cosa che faceva sempre in Italia). Insomma tante piccole cose che destabilizzano, soprattutto all’inizio.
bellissimo, mi ritrovo in molte cose che hai scritto: unica cosa che manca da noi sono le risorse: alla biblioteca c’e’ un libro con cd in francese…(parlando delle risorse multimediali), non si fanno ne atelier ne letture (alla biblioteca si ma soltanto 4 volte all’anno…) e cosi’ avanziamo un po’ lentamente…
🙂 baci Ed
Mi rendo sempre piu’ conto che malgrado abitiamo a poca distanza, i nostri mondi sono molto diversi. Il problema qui è diminuire o comunque scegliere tra i diversi stimoli: venerdi’ dovevamo sceglire tra la lezione di circo o le 2 ore di lettura animata. E’ stata dura, Ale non si è deciso fino alla fine! Di spettacoli teatrali ce ne sono troppi e Ale vorrebbe andare a tutti, ma come si fa??
Leggendo la tua mail, mi sono sorpresa di sentire che nella vostra scuola non si puo’ raccontare di sè o delle proprie vacanze. Qui dedicano quasi un’ora ogni mattina a raccontarsi le cose. E’ una gara tra chi puo’ intervenire. Si danno i turni per fare in modo che tutti possano raccontare. E poi domande su domande. Pensa che il maestro nel suo giudizio tiene conto della capacità dei bambini di esprimersi, di raccontare, di far domande e ricordare cosa hanno detto i compagni…
Devo trovare i tempo di risponderti!! Mannaggia!!
grazie della condivisione, fa sempre piacere sentire esperienze vicine con i lati positivi e negativi. il nostro percorso di vita e di scelte nn ci ha portato all’estero, ma in alto adige bastano 25 km lontano dalla città per respirare cultura e tradizioni diverse, ma soprattutto una lingua nuova:-) per fortuna l’immersione ha funzionato talmente bene (cd-dvd-spettacoli-canzoni-giochi)che ora dobbiamo riprendere in mano un po’ l’italiano. speriamo bene;-)
Ti capisco! tenere vivo (e vegeto) l’taliano è un lavoro quotidiano. Ma ce la faremo ;-D
Grazie per aver condiviso la vostra esperienza di bilinguismo. Sei riuscita a rendere la situazione in modo molto pratico e reale per chi affronta oggigiorno sempre di più questa avventura (non lo chiamerei problema) per i motivi più vari. Anche io sono insegnante e a volte mi ritrovo con bambini e ragazzini che frequentano la scuola italiana senza sapere una parola della nostra lingua. Due anni fa mia figlia aveva in classe un bimbo egiziano (3 anni, quindi primo anno di materna) che non conosceva una parola di italiano. Ora si è integrato molto bene e comincia a parlare un minimo in italiano con i suoi compagni e la maestra. Credo che i problemi spesso ce li poniamo noi trasmettendoli ai nostri figli che, invece, trovano tutto molto più naturale.
Con il senno di poi sono d’accordo con te. Per un anno sono stata ossessionata dalla “lingua” di PF! Non facevo che pensare a questo. Quando le maestre mi dicevano che andava tutto bene, io ripetevo sempre “si, va bene… pero’ il tedesco…”
Mi rendo conto ora che il problema era solo mio. Il supporto e l’esperienza delle maestre di PF è stato fondamentale per far vivere bene a lui questa esperienza e aiutare tutti noi a non stressarci troppo! 😀
e… quando sarà più grande potresti dover aggiungere che “mi/ci corregge quando parliamo in tedesco”, oppure vi chiederà di parlargli in italiano perché non sapete il tedesco… Ricordo una mamma polacca conosciuta in Germania la cui figlia non sopportava che lei parlasse un tedesco non del tutto corretto, si vergognava quasi… questo nell’adolescenza però, spero si siano riconciliate nel frattempo… E… oggi la figlia mi tormenta che vuole imparare il tedesco, perché ogni volta che torniamo nella sua città nativa, non può giocare con gli amici tedeschi perché non li capisce… però, io… alla sua età me ne fregava bellamente del fatto di non capire un’acca e giocavo indistantamente con bambini tedeschi, francesi, inglesi quando mi ritrovavo in vacanza, anche perché da figlia unica o mi accontentavo o stavo da sola… il in quel volere capire e parlare di mia figlia ci vedo qualcosa che stona ma non saprei esprimerlo a parole… ci penso… intanto contatterò l’insegnante di tedesco… il problema però è che non ne trovo di madrelingua e gli italiani che parlano il tedesco… bah, forse è meglio non impararlo… tranne rare eccezioni… a presto;)