Parlare della rabbia ai bambini creando mostri di feltro

Piccolo Furfante come tutti, si arrabbia. E quando si arrabbia, si arrabbia di brutto! 😉

I bambini non sono adulti e proprio per questo  per loro è difficile controllare e gestire la rabbia. Perchè?

Perchè i bambini

  • non possiedono sufficiente autocontrollo che permette loro di frenare i comportamenti più aggressivi e distruttivi
  • non hanno la nostra capacità di verbalizzare le  emozioni. Questo permette a noi adulti di mettere la giusta distanza tra quello che proviamo e la situazione contingente, di rielaborare con una certa calma i nostri sentimenti e di esprimere in maniera “accettata” i nostri stati d’animo negativi
  • quando provano un’emozione i bambini non ne percepiscono la gradualità. I loro stati d’animo sono sempre al massimo (o al minimo), per cui troppo forti da poter essere gestiti facilmente. Si sentono sopraffatti da queste emozioni che non riescono poi a controllare
  • vivono nel “qui ed ora”. Non hanno il senso del tempo che permette a noi adulti di accettare la frustrazione di non vedere soddisfatti immediatamente bisogni e desideri e di tollerare delusioni
  • non  sanno ancora quale comportamento li aiuterà a sentirsi meglio o quello che gli altri possono accettare. Devono sperimentare, vedere, imitare, riprovare, correggersi e riprovare ancora prima di capirlo ed imparare.

Per tutte queste ragioni  i bambini reagiscono male e in maniera “forte” quando provano rabbia. Può essere difficile per noi (e per loro) gestire questi momenti, è possibile però aiutare i bambini ad accrescere quelle competenze che permetteranno loro, con il tempo, di imparare ad esprimere in maniera “adeguata” i loro sentimenti.

Un modo è quello di parlare con loro, nei momenti calmi, proprio di queste emozioni forti, tra le quali troviamo anche la rabbia.

Così qualche volta passando da casa P.,  potreste vedere me e Piccolo Furfante presi a leggere storie “emozionanti” o a  raccontarci episodi che ci hanno scosso oppure  a spiegarci a vicenda come abbiamo affrontato un momento “difficile o intenti a disegnare mostri da appendere alle pareti. A volte discutiamo su cosa ci fa stare male e cosa invece ci aiuta a calmarci o a farci stare bene, cosa proprio non sopportiamo e ci fa uscire dai gangheri… Parlarne ci fa sentire bene e ci aiuta, perchè non fa sembrare così terribile e forte quel sentimento che ci assale improvvisamente. Parlarne permette a me di capire, in un momento in cui sono tranquilla e lontana dalla situazione d’emergenza, cosa pensa PF di quel suo comportamento, dei suoi sentimenti, del perchè di certe sue reazioni. Parlarne con calma, semplicemente ascolando o facendo qualche domanda, fa sentire PF tranquillo di potermi dire qualsiasi cosa, perchè non si sente sotto accusa.

A Piccolo Furfante piace disegnare mostri “brutti brutti” o scarabocchiare  “forte”, è una cosa che lo rilassa e offre a me l’occasione di parlare (mentre lavoriamo) di sentimenti come la rabbia o la paura. Di solito ci armiamo di fogli e pastelli per creare i nostri disegni mostruosi, ma qualche settimana fa ho  letto due post interessanti che mi hanno ispirato un lavoretto diverso. Il primo post era di Chiara e parlava di come creare faccette buffe; l’altro era di Claudia che raccontava del suo Topastro intento a personalizzare magliette 🙂

Così ispirata, l’altro pomeriggio che avevamo voglia di “disegnare mostri”, ci siamo attrezzati di pennarelli per stoffa e pezzi di feltro colorati.

Dopo aver ritagliato il feltro in tante sagome, io e Piccolo ci siamo dati alla creazioni di “faccette da mostro” mentre parlavamo del più e del meno: di come era andata la sua giornata a scuola, di un episodio al lavoro che mi aveva fatto arrabbiare e di come ero diventata verde dalla rabbia proprio come il mostrillo che stavo disegnando…

Una cosa tira l’altra e ben presto ci siamo messi a parlare di come sfogarci quando siamo proprio “arrabbiati arrabbiati”. Così PF ha trovato che “pasticciare” (“vedi mamma… così e poi così… quando i colori si mischiano tutti!”) lo fa stare un po’ meglio… “ma non troppo” 🙂

Parlare di rabbia e di sentimenti con bambini piccoli è davvero istruttivo per noi grandi, guardate infatti  cosa può venirne fuori:

  • quando sono arrabbiato sento tanto caldo qui (alla pancia) e poi mi vien da piangere e voglio rompere tutto. Che brutto!
  • è come nel libro: divento un drago che sputa fuoco. ROOOOAAAR!
  • magari se disegno forte poi mi passa… ma forse no
  • non mi piace quando sono arrabbiato e tu sei arrabbiata… poi finisce che ci arrabbiamo tutti
  • qualche volta anche  la maestra C. è arrabbiata. E’ stanca stanca quando è arrabbiata e non si diverte più a giocare

E tra una chiacchiera e l’altra abbiamo invaso la casa di mostri 🙂 Provare per credere!

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Cos’è la creatività?

Molte mamme (ma non solo) mi hanno chiesto di parlare di creatività. A dirvi la verità, questa richiesta mi ha messo un po’ in difficoltà: non perchè non sappia cosa scrivere, ma perchè c’è tanto, troppo, da dire in proposito!

Ho deciso, dopo un (luuungo) periodo di riflessione,  di parlarne… ma  poco alla volta, perchè la questione è davvero mooooolto complessa. Da dove iniziare?? Beh…dalla prima domanda… la più ovvia  🙂

Cos’è la creatività? Sembra una  domanda semplice. Definire cosa sia la creatività invece è tutt’altro che facile.

Studiosi, psicologi, sociologi, scienziati, educatori  hanno fornito, negli anni,  la loro definizione.

  • C’è chi sostiene sia “un tentativo di risolvere un conflitto per soddisfare delle pulsioni” (Freud),
  • chi “una spinta vitale” (Winnicot),
  • chi  il prodotto “che nasce dalla relazione tra uomo e realtà esterna e dalla tendenza all’autorealizzazione personale”,
  • chi ” un processo in cui si giunge a creare qualcosa di nuovo” (Torrance),
  • chi ritiene sia “qualsiasi attività umana che produca qualcosa di nuovo” (Vigotskij)
  • chi “una sintesi soddisfacente di processi conoscitivi logici, razionali ed inconsci” (Maslow)
  • chi…

Insomma c’è da perderci il senno.

Tra tutte le definizioni quella che risulta meno restrittiva definisce la creatività come l’attitudine a fare qualcosa di nuovo ed utile (Joui H.), come immaginazione efficace, come risultato di un processo di relazione tra la persona e la realtà. La sua  unicità  è data dall’irripetibilità dell’individuo e dai materiali che la realtà mette a sua disposizione.

In altre parole l’oggetto creativo (a prescindere da quale sia: un vaso, un disegno, un ricamo, una poesia, una sciarpa…) è tale in quanto la persona che lo crea è unica ed irripetibile ed utilizza ciò che il mondo le offre, proprio a lei e proprio in quel momento, in modo originale e nuovo. Con questo si sta affermando, tra l’altro, che “nulla nasce dal nulla”, che l’oggetto creativo deriva sempre da qualcosa di precedente a cui si mette mano.

Definita (diciamo così :-)) cosa sia  la creatività, l’altra questione importante è se essa sia innata o appresa. La domanda è altrettanto spinosa della precedente. Ci sono i sostenitori dell’una e dell’altra corrente ed anche  chi preferisce stare nel mezzo affermando che essa sia frutto di talento, ma che l’ambiente, l’apprendimento e le occasioni sono altrettanto decisive in quanto possano svilupparla, migliorarla o inibirla. Quest’ultima affermazione, insomma, salva capra e cavoli.

Un po’ confusi?? Ce ne sarebbe ragione: c’è chi dice una cosa e chi afferma l’esatto contrario!!!

Sul finire del 1950, furono organizzati dalla Michigan State University numerosi seminari per discutere di creatività. La maggioranza degli esperti  (non proprio novellini 🙂 ) concordarono che la creatività fosse a disposizione di tutti, a prescidere dall’età. E questa, a mio avviso, è proprio una bella notizia! 🙂

Inoltre c’è chi (Arieti S.) ci viene ulteriormente in aiuto definendo vari tipi di creatività:

  • una creatività straordinaria che si manifesta in creazioni di altissimo valore capaci di concorrere allo sviluppo umano
  • una creatività ordinaria (la mia preferita 😉 ) che si traduce in prodotti di normale importanza in grado però di appagare la persona, di farla stare bene e di trasmettergli un senso positivo nei confronti della vita

Troviamo poi una creatività espressiva, una produttiva, una inventiva , una innovativa ed infine una emergente.

In sintesi:

In base a tutto quello che ci siamo detti, chiunque  può (potrebbe) essere creativo, non solo il grande  inventore o lo scienziato geniale. Inoltre la creatività non deve essere relegata esclusivamente ad alcuni settori particolari, ma convolge tutti i campi. Inoltre la creatività può essere appresa o, per lo meno, esistono “tecniche”  ed ambienti che la possono stimolare, accrescere e favorire.

Mi sembra  di aver messo già troppa carne al fuoco per questa volta, perciò in attesa del “prossimo episodio”  vi lascio  con una bella frase di Klee:

"Pur non così temerario da pensare di capire
il nocciolo della creatività sono curioso
di spiarla quanto più è possibile"
P.Klee

Domande? Curiosità?
Fatemelo sapere, così cerco le risposte nelle "prossime puntate" ...
per quello che posso ;-)

Alcune interessanti risorse dalla rete:
  • Nume.it (con tanti articoli )
  • NuovoeUtile (uno sito molto ricco di notizie, informazioni ed approfondimenti)
  • MindTools (un sito semplicemente meraviglioso – in inglese)

Ecco gli altri miei post per saperne di più:

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Invece il cento c'è

Il bambino
è fatto di cento.
Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare
cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire
cento mondi da scoprire
cento mondi da inventare
cento mondi da sognare.
Il bambino
ha cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.
La scuola e la cultura
gli separano la testa dal corpo.
Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c'è
e di cento
gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l'immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.
Gli dicono insomma
che il cento non c'è.
Il bambino dice:
invece il cento c'è.
           Loris Malaguzzi

Volevo condividere con voi  questa bellissima poesia che non mi stanco mai di leggere e che cerco di tenere a mente quando sono con un bambino come educatrice,  pedagogista o mamma.

Con l’augurio  che il cento ci sia sempre in ognuno di noi!

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